San Francesco D’Assisi e La Famiglia Francescana

    L’agiografia cattolica è ricca di santi e sante che nel corso dei secoli hanno vissuto eroicamente le…

    L’agiografia cattolica è ricca di santi e sante che nel corso dei secoli hanno vissuto eroicamente le virtù cristiane e ognuno può essere visto come espressione del suo tempo. Possiamo, grosso modo, collocare i santi in due categorie: quelli che sono venerati soprattutto per i loro miracoli e quelli che lo sono per il tipo di santità che hanno incarnato, cioè sono venerati non per quello che hanno fatto ma per quello che sono stati.

Schematizzando: Sant’Antonio da Padova, santa Rita da Cascia, San Pio da Pitrelcina sono popolari più per i miracoli compiuti e che compiono; San Francesco per quello che è stato, la sua vita ha inaugurato uno stile nuovo e una visione nuova delle realtà terrene e ha contribuito al rinnovamento della Chiesa.

Nei contemporanei di Francesco era ancora vivo il desiderio dei millenaristi (a cavallo del primo millennio si attendeva il ritorno di Cristo) per un ritorno di Cristo la cui immagine e insegnamento erano andati sbiadendosi in un periodo di crisi di vita cristiana: l’esperienza umano-cristiana di Francesco, nella coscienza popolare, era vista come una perfetta copia di Cristo e in Francesco individuava un altro “Cristo”; le Stimmate, per la prima nella storia della Chiesa, ne suggellarono poi la perfetta conformazione a Cristo.

La povertà vissuta da Francesco era ancora un antidoto alla spasmodica idolatria del denaro che, in fondo, costituiva l’obiettivo della società nascente e della nuova economia; per Francesco il denaro è l’idolo pagano dei tempi nuovi.

L’amore di san Francesco per la natura e per tutto il creato ha ugualmente colpito la società del tempo che in Francesco aveva individuato chi aveva ritrovato quella pacificazione con la natura che ristabiliva i rapporti edenici uomo/natura.

Sono questi gli aspetti rilevanti che Le Fonti Francescane ci presentano. Si può, attraverso le Fonti, rintracciare l’esperienza spirituale di Francesco e la sua radicalità evangelica tradotta nella sua vita. Come anche il movimento comunitario generato dalla sua esperienza (Primo Ordine, Secondo Ordine e Terzo Ordine) che ha portato una ventata di vitalità e di speranza nella Chiesa del tempo.

Nel contesto contemporaneo, l’identificazione di Francesco con Cristo, il suo amore per la radicalità della povertà e l’amore per il creato sono stati i segni percepiti dal popolo cristiano ma anche recepiti nella poesia e nell’arte.

Dante Alighieri, non aduso ai facili entusiasmi del popolino, parla di san Francesco come un “sole” che dall’Oriente s’innalza sul mondo 

Intra Tupino e l’acqua che discende

Del colle eletto dal beato Ubaldo,

fertile costa dall’alto monte pende,

Onde  Perugia sente freddo e caldo

da Porta sale, e di retro piange

per grave giogo Nocera con Gualdo.

Di questa costa, là dov’ella frange

più sua rattezza, nacque al mondo un sole,

come fa questo tal volta il Gange.

Però chi desso loco fa parole,

non dica Ascesi, che direbbe corto,

ma Oriente, se proprio vuol dire  (Paradiso XI, 43-54)

Francesco è visto da Dante come un “sole”, la stessa metafora che vedeva nel Figlio di Dio, Gesù Cristo, il sole dell’umanità. 

Dante, poi, elogia il matrimonio di Francesco con Madonna Povertà:

Questa, privata del primo marito,

millecent’anni e più dispetta e scura

fino a costui si stette senza invito. (Ivi, 64-66)

Nell’arte pittorica l’affresco di Giotto, nella basilica superiore ad Assisi, sulla predica agli uccelli coglie il terzo aspetto  di Francesco: il suo rapporto unico con la natura. 

Quando, nel 1182, Francesco di Bernardone nasce ad Assisi, un Comune dell’Appennino umbro la società, ancora medievale, manifesta già i primi segni di rinnovamento. L’unità e l’universalismo non hanno ancora raggiunto la piena attuazione filosofica e artistica. Solo nel secolo successivo si avranno le grandi sistemazioni teologiche e filosofiche (San Tommaso d’Aquino, San Bonaventura ecc.) e in campo letterario la Divina Commedia di Dante può essere considerata una sintesi della ricerca artistica equiparabile a quella della Scolastica.

Nell’ambito storico l’Impero, dopo Barbarossa, va sempre più sfaldandosi. A minarlo sono i grandi feudatari, in Germania, e la nascita dei Comuni, in Italia. Le autonomie locali vanno sempre più affermandosi e imporrano nuovi criteri di vita e di gestione delle cose pubbliche.

Anche nell’ambito culturale le novità sono enormi. Le scuole palatine (il palazzo del Conte o Barone locale) e quelle episcopali (all’ombra della cattedrale) detenevano il primato della cultura che era appannaggio soprattutto degli ecclesiastici. In questo periodo sorgono le grandi università medievali, in certo qual modo sganciate dall’autorità politica ed ecclesiastica. Parigi, Bologna, Napoli, Padova, Colonia, Oxford e Cambridge affermano una propria autonomia nel sapere e nella ricerca scientifica e attirano studenti da tutte le parti del mondo di allora. L’Europa pullula di clerici vagantes (studenti) che assicurano un rinnovamento e allargamento culturale. I Mendicanti, sorti all’inizio del XIII secolo, tra i quali i Francescani e i Domenicani, colgono questa opportunità, frequentano le nuove università e i luoghi del nuovo sapere diventano, per essi, luoghi di evangelizzazione e di proselitismo. 

Lo stesso contesto religioso è in fibrillazione: gli interventi dei Papi hanno ottenuto l’autonomia della Chiesa dall’asservimento al potere politico. La riforma di Gregorio VII (lotta delle investiture) e la sequela di grandi Papi, come Innocenzo III ha consolidato l’autorità della Chiesa e il suo rinnovamento. 

In questo contesto socio-culturale-religioso accanto all’autorità della Chiesa e dell’Impero sorge una terza forza: il Comune. Le corporazioni artigiane costituiscono il nucleo della nuova società: gente che lavora, produce, viaggia, maneggia denaro e, attraverso il denaro, vuole contare di più nella società e, gradualmente, acquisisce potere.

Legato a questi nuovi orientamenti c’è un’altra rivoluzione che accompagna la nascita di una nuova società, l’affermazione del volgare che è un segno del popolo nuovo. Il superamento del latino che si risolve nelle lingue locali.

Il Comune si sgancia dall’autorità feudale e si rende autonomo anche dall’altra grande forza medievale: il monachesimo. Le abbazie sono le cittadelle dello spirito e del sapere. Abati e monaci avevano creato collateralmente agglomerati di contadini che dall’abbazia ricevevano lavoro e assistenza e legavano la propria vita a quella dell’abbazia collaborando al rinnovamento della società: bonifiche di terreni, prosciugamenti di paludi e con la coltivazione dei terreni si stabiliva un rapporto di reciproco benessere.

I monaci, però, erano legati al luogo e non si allontanavano dalla clausura pertanto nella società nuova che andava formandosi si richiedeva un altro tipo di consacrazione, quello che fecero i Mendicanti la cui forma di vita ben si adattava all’attuale esigenza di vivere accanto al popolo nuovo.

Questo popolo che era attraversato da movimenti religiosi miranti a riportare la Chiesa alla purezza evangelica delle primitive comunità cristiane. Erano sette che sfociarono nell’eresia e che trovarono terreno fertile tra gli artigiani, la classe sociale emergente (calzolai, sarti, tessitori). L’intento era di riformare la Chiesa purificandola dalle scorie del tempo.

  E’ in questo contesto che nasce Francesco, il quale ha saputo percepire le novità del tempo e ha inaugurato una via religiosa  aderente alla dinamicità del tempo.

Le Fonti francescane. La prima edizione è del 1977. I Provinciali d’Italia delle famiglie francescane, in premessa, esprimevano la convinzione di mettere a disposizione un’opera di facile consultazione e completa come informazione. La conoscenza delle origini del movimento francescano, precisano, è uno dei modi più efficaci di partecipazione alla sua realtà attuale.

Il fervore degli studi sul movimento francescano e il suo carisma trovarono impulso dalla Perfectae caritatis del Vaticano II il cui invito al rinnovamento della vita consacrata proponeva a tutti i religiosi un ritorno alle fonti delle proprie origini, i fondatori e la cerchia dei primi compagni. Nel mondo francescano l’invito ebbe una prima risposta in Francia, nel 1968, i frati minori Theophile Desbonnets e Damien Vorreux pubblicarono Saint François d’Assise: documents, ecrits et premières biographies. L’opera divenne un modello cui s’ispirarono le analoghe raccolte degli scritti di san Francesco.

Alla prima edizione delle Fonti Francescane ne seguirono poi, una seconda, 2004, e una terza, nel 2011, e la raccolta francescana, una vera e propria Bibbia francescana, si è andata arricchendo sempre più con ulteriori testi. Nelle cinque sezioni, le Fonti delle ultime edizioni presentano: Gli scritti di san Francesco, nella prima sezione; le biografie e i testi francescani del 13° e 14° secolo, nella seconda sezione; le cronache e altre testimonianze, nella terza sezione; gli scritti e le fonti agiografiche di Santa Chiara, nella quarta sezione; i testi normativi dei Fratelli e delle Sorelle della penitenza.

Per pochi santi, come per Francesco d’Assisi, appena dopo la morte, nel 1226, è nata una fioritura di Leggende (biografie da leggere obbligatoriamente) che ne raccoglievano la vita e la sua esemplarità. I fatti narrati, però, spesso riflettevano le diverse interpretazioni della vita del Santo secondo gli orientamenti e le tendenze dei singoli autori. La diversità riguardava l’interpretazione della vita e dei fatti del Santo secondo quelle tendenze che già si manifestarono nell’Ordine, vivente ancora Francesco: un’interpretazione più rigorosa o blanda e accomodante della Regola e dell’insegnamento di Francesco.

Appunto per superare queste divergenze d’interpretazioni, Papa Gregorio IX commissionò a fra Tommaso da Celano una vita del Santo che potesse essere libera dalle suggestioni di parte. In nove mesi, Tommaso da Celano completò l’opera e il Papa, il 25 febbraio 1229, la confermò con la sua autorità. E’ La vita prima del Celano divenne la biografia ufficiale e su di esse dovevano modellarsi tutte le altre Leggende sorte sul Santo.

Parte dei frati, però, quelli che venivano classificati come “zelanti”, avanzarono sospetti nei confronti di Fra Tommaso, accusato di essere stato compiacente nei confronti di Frate Elia, allora potente Ministro generale, che auspicava un’interpretazione meno rigida della Regola. Le lamentele riguardavano reticenze e ammorbidimenti sulla concezione della povertà.

Le contestazioni si acuirono dopo la deposizione di Frate Elia (1239) e la morte di Gregorio IX (1241). Si richiedeva una più accurata indagine e raccolta di documenti sulla vita del Santo e il rispetto del suo insegnamento. Così, qualche anno dopo, nel Capitolo generale di Genova (1244) il Generale fra Crescenzo da Iesi ordinò a tutti i frati che avevano avuto rapporti con san Francesco e con i suoi primi compagni di inviargli quanto sapevano  della vita del Santo. All’invito del Ministro generale risposero tanti frati tra cui i tre compagni che erano stati con Francesco e che ora vivevano all’eremo di Greccio: Fra Leone, Fra Angelo e fra Rufino che riportarono anche testimonianza di altri compagni di san Francesco.

Tutto il materiale ricevuto dal Ministro fu consegnato a fra Tommaso da Celano che, per l’abbondanza del materiale, non si limitò a una rielaborazione integrata della sua Prima Vita  ma produsse una vera e propria Seconda Vita. 

Questa ultima opera del Celano se da una parte contentava gli “zelanti”, dall’altra i frati della “comunità” avanzarono riserve ritenendola troppo indulgente con la visione degli “zelanti”. Non mancarono, quindi, dissensi e la situazione era motivo di preoccupazione per le eventuali deviazioni e spaccature dell’Ordine. 

Si arrivò al Capitolo di Narbonne (1260) che adottò una decisione che potesse risolvere le divergenze e incaricò il neo Ministro generale, fra Bonaventura da Bagnoregio, di scrivere una nuova vita di san Francesco in sostituzione di quelle precedenti. Fra Bonaventura scrisse così la Leggenda Maior  o Vita Prima  che fu approvata nel Capitolo generale di Pisa (1263) presentandola come la vita ufficiale del Santo di Assisi. In una via media, evitando gli estremismi, san Bonaventura intese pacificare l’Ordine e appianare le divergenze delle interpretazioni di parte.

La Leggenda Maior era guardata con sospetto dagli “zelanti” che continuarono a fare uso delle precedenti compilazioni agiografiche.

Nel Capitolo generale successivo, sempre in Pisa (1266), si ordinò la distruzione  di tutte le vite fatta eccezione della Leggenda Maior. Solo un decennio dopo, il Capitolo generale di Padova (1276), revocò la drastica misura dell’olocausto dei vari scritti su san Francesco e si ha una nuova fioritura dell’agiografia del Santo. Recuperate le raccolte precedenti di Fra Crescenzo da Iesi e la stessa Vita Seconda di Tommaso da Celano, miracolosamente salvate dalla distruzione. Nacquero così altre compilazioni narranti fatti, detti e insegnamenti del Santo. Alla fine del XIII secolo e gli inizi del XIV secolo l’agiografia francescana è divenuta patrimonio  esclusivo degli spirituali che tentano di compensare la Leggenda Nova (Minor) di san Bonaventura. Sentore di queste lamentele le cogliamo nelle opere di Ubertino da Casale, Albero della vita crocifissa di Gesù, 1305, e di Angelo Clareno, Libro delle cronache e delle tribolazioni dell’Ordine di Frati Minori, 1325.

Intanto, nel 1318, viene redatto Specchio di perfezione e, negli anni 1327/37, gli Actus beati Francisci et sociorum eius, da cui un anonimo frate marchigiano trasse, decenni dopo, i famosi Fioretti che, dopo la Bibbia e la Divina Commedia, sono uno dei libri più noti e diffusi ed è un capolavoro della letteratura francescana e italiana.

Le Fonti Francescane raccolgono tutto questo materiale e offrono l’opportunità di conoscere la vita del Santo di Assisi e dei suoi compagni. Inoltre, raccolgono anche gli scritti di santa Chiara e le leggende sorte su di lei; a completare l’opera poi c’è la sezione di tutti i documenti riguardanti i Fratelli e le Sorelle della Penitenza con la bolla Supra montem di Niccolò IV (fra Girolamo Masci, primo papa francescano) che istituì ufficialmente il Terz’Ordine Francescano. E’ un libro poderoso che costituisce una vera e propria Bibbia del francescanesimo.

Immaginiamo un grande albero, la quercia ad esempio: il poderoso tronco e poi i rami che allargandosi e moltiplicandosi ai vari livelli del tronco la rendono maestosa e solenne.

1° Ordine – Frati Minori, Frati Minori Conventuali e Frati Minori cappuccini

2° Ordine – Le Sorelle povere di san Damiano: Clarisse, Urbaniste e Cappuccine

3° Ordine – Terz’Ordine Regolare   

                  Terz’Ordine secolare (oggi, Ordine Francescano secolare)

4. Istituti d’ispirazione francescana: Congregazioni religiose (maschili e femminili), 

                                                       Istituti Secolari (maschili e femminili)

All’interno della vita dell’Ordine c’è sempre stata una lotta sull’interpretazione pratica dell’ideale francescano. La Regola di san Francesco rimane sempre la norma di vita, tuttavia si verificano, due orientamenti di modalità di vita dell’ideale francescano: quello del puro ideale che la interpretano alla luce della vita di San Francesco e del suo Testamento; il secondo, invece, l’attualizza secondo le esigenze pratiche dell’evoluzione dell’Ordine e delle finalità apostoliche.

Le due tendenze sono state sempre presenti, ancora vivente san Francesco: “spirituali” e “comunità” (XIII secolo), osservanza e conventuale sino (XV secolo), “stretta osservanza” e “regolare osservanza” (XVI secolo).   

La riforma osservante. L’Osservanza, infatti, era iniziata nella metà del 14° secolo nel territorio di Foligno con le esperienze di Giovanni della Valle, Gentile da Spoleto e, soprattutto, del fratello laico Fra Paoluccio Trinci (1309-1391) della nobile famiglia di Foligno. 

Fra Paoluccio, autorizzato dal Ministro generale Tommaso Frignano, con alcuni compagni nel 1368 con l’intento di osservare con rigore la Regola s’era ritirato all’eremo di Brogliano nella diocesi di Camerino, tra Marche e Umbria; nel 1384 cominciò a ricevere novizi e, alla sua morte nel 1391, erano una settantina i frati che lo avevano seguito e risiedevano in 22 romitori; i romitori divennero 34 con circa duecento frati nel 1418, anno della morte di Giovanni da Stroncone, successore di Fra Paoluccio. 

L’esperienza di fra Paoluccio (il gruppo detto anche Zoccolanti dagli zoccoli che calzavano) fu condotta in piena sintonia con i Superiori: nel 1380 il Ministro provinciale dell’Umbria lo nominò suo commissario su 12 luoghi allora riformati e il Ministro generale, fra Ludovico da Venezia, lo confermò nell’ufficio nello stesso anno; il salernitano fra Leonardo De Rossi da Giffoni (1340-1407), Ministro generale (1373-78) e poi cardinale, lo aveva nominato visitatore e commissario generale per tutti gli Osservanti. 

L’Osservanza andò sempre più affermandosi, nel 15° secolo, per opera delle sue quattro colonne, impostesi per la santità di vita e per la dottrina: San Bernardino da Siena (1380-1444), San Giovanni da Capestrano (1386-1456), san Giacomo della Marca (1394-1476) e il beato Alberto da Sarteano (1385-1450). 

Il loro apporto all’affermazione dell’Osservanza fu determinante perché, provenienti da solidi studi, stemperarono la rigorosità degli orientamenti primitivi per gli eremi (estrema povertà e avversione agli studi) e avviarono una via media (preghiera ed evangelizzazione) che contemplava un uso moderato e non strettamente povero dei beni strumentali e una preparazione culturale, con il ritorno agli studi, per poter rispondere alle esigenze della predicazione, divenuta l’attività principale.

Venne, così, a modificarsi anche la geografia delle Luoghi degli Osservanti: non più romitori lontani dall’abitato ma loca apud, prope civitatem per agevolare il servizio dei frati dediti alla predicazione itinerante.

Intanto tutti i tentativi di mantenere unito l’Ordine franarono, definitivamente, nel capitolo generale di Pentecoste  del 1517 all’Aracoeli. La bolla Ite vos  di Leone X, è del 29 maggio 1517.

La bolla Ite vos  di Leone X, nel 1517, decretò la separazione, in due Ordini distinti Frati Minori e Frati Minori Conventuali, delle due anime dell’Ordine fondato da Francesco d’Assisi, convissute da separati in casa fino ad allora: Conventualesimo e Osservanza.  

Nacquero così i due rami autonomi dei Frati Minori: i Conventuali, sotto la giurisdizione di un Maestro generale, Antonio Marcello da Cherso; gli Osservanti (ai quali furono associate tutte le altre esperienze riformatrici: Collettani, Amadeidi, Clareni, gli Scalzi ecc.) sotto l’autorità di un Ministro Generale, Cristoforo Numai da Forlì, al quale fu conservata la sede dell’Aracoeli e consegnato il sigillo dell’Ordine.

Nell’Ordine, infatti, gli Osservanti costituivano il gruppo più numeroso: avevano 1500 conventi, distribuiti in 73 Vicarie (fino al 1517, in ogni Provincia, un Vicario provinciale assicurava una certa autonomia di vita per tutti gli Osservanti), divenute tutte Province autonome.

La riforma cappuccina. La bolla di Clemente VII Religionis zelus (3 luglio 1528) segna l’inizio del terzo ramo dell’Ordine, i Frati Minori Cappuccini. Gli iniziatori della nuova riforma nelle Marche furono Matto da Bascio (+1552) e soprattutto Ludovico e Raffaele da Fossombrone nel 1525, tutti Osservanti, che chiesero di ritirarsi in un romitorio per vivere la Regola in tutta la sua purezza.  L’approvazione di questa nuova riforma fu anche favorita dalla protezione della duchessa di Camerino, Caterina Cibo, nipote di Clemente VII. 

Le Sorelle Povere di San Damiano. Santa Chiara a San Damiano; le due Regole di Santa Chiara (1253) e di Urbano IV (1263); le Cappuccine (la nobildonna catalana Maria Lorenza Longo a Napoli, fondatrice degli Incurabili a Napoli, per il cui servizio aveva formato una comunità di terziarie francescane e aveva accolto i Cappuccini (1529) affidando loro la cura spirituale della comunità delle terziarie. Nel 1538 Paolo III con un breve confermava l’erezione del monastero sotto la Regola di Santa Chiara e lo metteva sotto la direzione dei Cappuccini (il monastero delle Trentatre a Napoli).

L’Ordine secolare della Penitenza.

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