San Francesco
Ha veramente realizzato il Vangelo che la liturgia ci fa proclamare nella sua festa: ha ricevuto la…
Ha veramente realizzato il Vangelo che la liturgia ci fa proclamare nella sua festa: ha ricevuto la rivelazione di Gesù con il cuore semplice di un bambino, prendendo alla lettera tutte le parole di Gesù. Ascoltando il passo evangelico nel quale Gesù invia i suoi discepoli ad annunciare il regno, ha sentite rivolte a sé quelle parole, che diventarono la regola della sua vita. Ed anche a quelli che lo seguirono egli non voleva dare altra regola se non le parole del Vangelo, perché per lui tutto era contenuto nel rapporto con Gesù, nel suo amore. Le stimmate che ricevette verso la fine della sua vita sono proprio il segno di questo intensissimo rapporto che lo identificava con Cristo. Francesco fu sempre piccolo, volle rimanere piccolo davanti a Dio e non accettò neppure il sacerdozio per rimanere un semplice fratello, il più piccolo di tutti, per amore del Signore.
Per lui si sono realizzate in pieno le parole di Gesù: “il mio giogo è dolce e il mio carico leggero”. Quanta gioia nell’anima di Francesco, povero di tutto e ricco di tutto, che accoglieva tutte le creature con cuore di fratello, che nell’amore del Signore sentiva dolci anche le pene!
Anche per noi il giogo del Signore sarà dolce, se lo riceviamo dalle sue mani.
Nella lettera ai Galati san Paolo ci dà la possibilità di capire meglio alcuni aspetti di questo giogo con due espressioni che sembrano contradditorie ma sono complementari. La prima è: “Portate i pesi gli uni degli altri, così adempirete la legge di Cristo”. I pesi degli altri: questo è il giogo del Signore. San Francesco l’aveva capito agli inizi della sua conversione. Raccontò alla fine della vita: “Essendo io in peccato, troppo amaro mi sembrava vedere i lebbrosi, ma lo stesso Signore mi condusse fra loro ed io esercitai misericordia con loro”. Ecco il giogo, che consiste nel caricarsi del peso degli altri, anche se farlo ci sembra duro. E continua: “E partendomene, ciò che mi era apparso amaro mi fu convertito in dolcezza nell’anima e nel corpo”. Per chi se ne è veramente caricato, il giogo diventa dolce.
Poche righe più avanti troviamo la seconda frase di san Paolo: “Ciascuno porterà il proprio fardello”. Si direbbe in contrasto con la prima, ma nel contesto il significato è chiarissimo: si tratta di non giudicare gli altri, di essere pieni di comprensione per tutti, di non imporre agli altri i nostri modi di vedere e di fare, di guardare ai propri difetti e di non prendere occasione dai difetti altrui per imporre alle persone pesi che non sono secondo il pensiero del Signore. San Francesco si preoccupava di questo e nella sua regola scrive: “Non ritenersi primo fra i fratelli”: essere umili; “Non si considerino mai come padroni”: non imporre pesi agli altri; e aggiunge: “Chi digiuna non giudichi chi mangia”. E la delicatezza della carità, che se vede il fardello degli altri non li critica, non li giudica, ma piuttosto li aiuta.
Prendiamo così su di noi il giogo di Cristo. Carichiamoci dei pesi degli altri e non pesiamo su di loro con critiche e giudizi privi di misericordia, perché possiamo conoscere meglio il Figlio di Dio che è morto per noi, e in lui conoscere il Padre che è nei cieli, con la stessa gioia di san Francesco.
*** Oggi la Chiesa celebra con grande gioia la memoria di san Francesco d’Assisi che, insieme a santa Caterina da Siena è invocato come patrono della nostra acciaccata nazione.
Il somigliantissimo, così Francesco poverello è chiamato, caso più unico che raro, dai fratelli cristiani ortodossi e la sua fama ha travalicato i confini delle nazioni e delle confessioni religiose… Davvero leggere la sua vita ci riempie il cuore di santa invidia e di stupore: quanto ha saputo accogliere la devastante grazia di Dio questo giovane di Assisi! Quanto ha saputo cogliere, nella cattolicissima e guerresca nazione, l’essenziale del cristianesimo diventando egli stesso modello della radicalità evangelica per cavalieri e papi! Quanto ha saputo amare ed essere amato, straordinariamente esagerato nel suo rapporto con il creato e con i nemici, indicando ai suoi e a noi in cosa consiste veramente la fede cristiana. In un’Europa all’apparenza feudo cristiano lo Spirito ha suscitato la forza innovativa del frate senza mezzi e strumenti, snobbato dalla gerarchia che sempre lo ha vissuto con insofferenza per suoi eccessi, incompreso addirittura dai suoi frati che reputavano eccessiva la sua regola. Ci suscita nostalgia di santità questo piccolo uomo trasfigurato da Dio e ci rende orgogliosi di abitare la sua stessa terra. Imitiamolo!
Comento su Mt. 11,25. «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”.
Come vivere questa Parola? Questa pericope del vangelo di Matteo riporta la Parola di Gesù in ordine a una verità che può Illuminare l’intera esistenza. Così è stato per S. Francesco D’Assisi, che non solo fu una luce e una gloria per l’Italia, ma per il mondo intero. Quel suo Cantico delle creature che scandisce gioiosamente tante lodi al Creatore ha ispirato non solo i fedeli cristiani, ma musicisti pittori letterati artisti d’ogni tempo e luogo. E sta proprio in queste parole evangeliche il senso profondo di una personalità dove semplicità e totale abbandono in Dio coincidono.
Sì, come nel “bambino” che è l’immagine usata da Gesù e incastonata come perla preziosa nel Vangelo. Così la sapienza di Dio trova davvero in questa immagine l’espressione che ancora oggi e sempre può evidenziare il nostro cammino spirituale. Certa sapienza e dottrina di furbizia umana non conducono da nessuna parte, anzi, esse sono spesso pericolo di deviazione mortale.
Grazie, mio Signore! Con l’intercessione di S. Francesco, ti prego: fa’ che la mia vita prolunghi il suo cantico di lode a Te per tutto quello che di vero, di buono e di bello continui a donarci.
La voce di S. Francesco.
Oh Signore, fa di me uno strumento della tua Pace
Dove è odio fa’ che io porti l’Amore,
Dove è offesa, ch’io porti il perdono,
dove è discordia, ch’io porti la fede,
dove è l’errore, ch’io porti la Verità,
dove è la disperazione, ch’io porti la speranza.
Dove è tristezza, ch’io porti la gioia,
dove sono le tenebre, ch’io porti la luce.