Gesù e il Tempio – Lectio Divina del 27 febbraio 24

GESÚ  E  IL  TEMPIO       Contesto Gli altri vangeli mettono questo fatto nell´ultima settimana di vita di…

GESÚ  E  IL  TEMPIO       Contesto

Gli altri vangeli mettono questo fatto nell´ultima settimana di vita di Gesù. Giovanni, invece, all´inizio della sua attività pubblica, quasi come un programma. Fin dall´inizio bisogna cambiare il modo dell´incontro dell´uomo con Dio. Si accenna alla pasqua dei giudei, la festa della liberazione. Per favorire i pellegrini si organizzava nell´atrio del tempio un mercato: lì ognuno trovava quello di cui aveva bisogno per i sacrifici: buoi, pecore e, per i più poveri, colombe. Si cambiava anche il denaro, perché nel tempio non poteva circolare nessuna moneta con l´immagine dell´imperatore o degli dei pagani. Era un gran negozio, che favoriva soprattutto l´alta classe sacerdotale.

Dal Vangelo secondo Giovanni (2,13-25) 13 La Pasqua dei Giudei era vicina e Gesù salì a Gerusalemme. 14 Trovò nel tempio quelli che vendevano buoi, pecore, colombi, e i cambiavalute seduti. 15 Fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio, pecore e buoi; sparpagliò il denaro dei cambiavalute, rovesciò le tavole, 16 e a quelli che vendevano i colombi disse: «Portate via di qui queste cose; smettete di fare della casa del Padre mio una casa di mercato». 17 E i suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi consuma». 18 I Giudei allora presero a dirgli: «Quale segno miracoloso ci mostri per fare queste cose?» 19 Gesù rispose loro: «Distruggete questo tempio, e in tre giorni lo farò risorgere!» 20 Allora i Giudei dissero: «Quarantasei anni è durata la costruzione di questo tempio e tu lo faresti risorgere in tre giorni?» 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando dunque fu risorto dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che egli aveva detto questo; e credettero alla Scrittura e alla parola che Gesù aveva detta. 23 Mentre egli era in Gerusalemme, alla festa di Pasqua, molti credettero nel suo nome, vedendo i segni miracolosi che egli faceva. 24 Ma Gesù non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25 e perché non aveva bisogno della testimonianza di nessuno sull’uomo, poiché egli stesso conosceva quello che era nell’uomo.

Meditazione

13-17 Non trasformate la casa di mio Padre in un mercato

Il tempio di Gerusalemme era la gloria massima dei giudei e il centro di unità del popolo. In una società così religiosa, solo si poteva incontrare Dio in un luogo. I sommi sacerdoti, che si attribuirono in modo esclusivo il potere di controllare il funzionamento del tempio, molto presto se ne approfittarono in beneficio proprio. Al tempo di Gesù, controllavano la vendita di animali -agnelli, buoi e colombe- per i sacrifici, l´imposta religiosa e il cambio della moneta (si poteva pagare l´imposta solo con moneta ufficiale del tempio). Il tesoro del tempio funzionava come una banca, nella quale si depositavano le grandi fortune e, inoltre, il tempio possedeva grandi estensioni di terra; era la prima impresa di Palestina. Gesù non si oppone al culto esterno; egli stesso partecipa a molte celebrazioni nel tempio. Ama il tempio di Gerusalemme e lo chiama “la casa di mio Padre”. Proprio per questo non può permettere che un luogo che serve per incontrarsi con Dio, si converta in un mercato.

“Si avvicinava la Pasqua dei giudei…” Questa forma di parlare  della  Pasqua  indica  distanza  e  separazione   di fronte ad essi. Questa era la festa della liberazione. Ricordava il passo dalla schiavitù alla libertà (Es 12,1-28; Lv 23,5; Nm 9,10 14, Dt 16,1, ecc). Però questa Pasqua “dei giudei” non era già erede di quella, ma una festa manipolata dai dirigenti per, con il pretesto del culto a Dio, sfruttare il popolo. Il tempio senza animali per i sacrifici è quello che annunciò uno degli antichi profeti, Zaccaria. Egli disse che nei tempi del Messia non ci sarebbero stati commercianti nel tempio (14,21). Con la venuta degli ultimi tempi cambierà il culto. Il tempio, come casa di Dio, deve essere un luogo di silenzio e preghiera per i visitatori di Israele e per i popoli del futuro. “Gli stranieri, che si sono dati al Signore per servirlo, per amare il nome del Signore ed essere suoi servi, che osservano il sabato senza profanarlo e perseverano nella mia alleanza: li porterò al mio Monte Santo, li farò felici nella mia casa di preghiera; accetterò sul mio altare i loro olocausti e sacrifici, perché la mia casa è casa di orazione, e così la chiameranno tutti i popoli” (Is 56,6-7).

Il gesto di Gesù si inserisce nella denuncia che i profeti avevano fatto del culto, così come si manifestava nei sacrifici; un culto ipocrita accompagnato dall´ingiustizia. Gesù si presenta con un flagello nella mano (il flagello di corde era un conosciuto simbolo messianico): lui è il Messia, e come tale si mostra. Però quello che fa e quello che dice va molto più in là di quello che tutti speravano.

In primo luogo, Gesù distrugge tutta quella montatura. Non può permettere che, ciò che avrebbe dovuto essere un luogo di incontro con il Dio liberatore, si sia convertito in un negozio per sfruttare i poveri. Il suo gesto è un´accusa contro i dirigenti religiosi di Israele, che manipolano la fede del popolo per arricchirsi; ma, allo stesso tempo, cacciando gli animali, sta indicando che ormai non serviranno per dare culto a Dio. Dio, lo avevano detto i profeti molti secoli prima, non aveva bisogno del sangue degli animali; ciò che egli voleva, era che gli uomini praticassero la giustizia e il diritto (Is 1,11-17).

Però Gesù non denuncia solamente il culto che copre l´ingiustizia, ma dichiara nullo il culto che è, in sé stesso, la legittimazione religiosa dell´ingiustizia e del crimine. Non propone una riforma del culto, ma l´abolizione.

In questa azione di Gesù c´è qualcosa dell´ira del Sinai. Eppure Giovanni usa il verso di un salmo abbastanza conosciuto, dove si parla di un innocente perseguitato. Dopo la risurrezione i discepoli comprenderanno lo spirito con cui Gesù aveva agito: “Lo zelo per la tua casa mi divora” (Salmo 69,10).

 

18-21 Il tempio era il suo stesso corpo

I dirigenti del tempio chiedono a Gesù le sue credenziali come Messia. Considerano che la loro autorità è legittima per istituzione divina e si arrogano la facoltà di giudicare sulla validità della pretesa di Gesù.

Gli  hanno  chiesto un  segnale e Gesù dà loro quello della sua morte. Li sfida a sopprimere il tempio, che è Lui stesso. Lo uccideranno, ma non riusciranno a distruggerlo. La tattica di Dio, che trionfa nel fallimento, suppone una infinita sapienza; l´apparente debolezza di Dio contiene la massima fortezza.

La funzione del tempio era di esprimere la gloria di Dio e indicare la sua presenza attiva in mezzo al popolo (cfr. Es 40,34-38). I dirigenti hanno nascosto quella gloria e annullato quella presenza. Questo tempio sarà sostituito. Gesù, nel quale abita lo Spirito (Gv 1,32), è il nuovo santuario, che annulla tutti i precedenti. Essi non comprendono la parola di Gesù e pensano in una ricostruzione miracolosa del tempio materiale. Però Gesù sa bene quello che dice, perché già prevede il risultato del conflitto, che adesso comincia. Non sarà ormai un tempio di pietra il luogo di incontro dell´uomo con Dio. Il tempio sarà lo stesso uomo. Dentro di sé stesso sarà dove ognuno si potrà incontrare con il suo Dio “in spirito e in verità” (Gv 4,23). Gesù non parla solo di cambiare il culto, ma lo stesso tempio, sostituendolo con “il suo stesso corpo”. Per i giudei queste parole erano un sacrilegio, che si castigava incluso con la morte. E di fatto, la purificazione del tempio costò a Gesù la vita.

 

22 I discepoli ricordarono e credettero

Solo quando Gesù risusciterà, i discepoli comprenderanno che il suo zelo lo aveva portato a dare la vita per gli uomini.

Già nelle nozze di Cana si diceva che i discepoli credettero in lui. Da quella prima espressione di fede a questa, che si realizza dopo la Pasqua, c´è tutto il lungo camino della sequela, nella quale l´adesione a Gesù coesisterà, nel gruppo, con l´interpretazione errata della sua missione.

 

23-25 Gesù conosce l´interno dell´uomo

La prima reazione all´azione di Gesù è quella di un gruppo numeroso, ma indeterminato, che, come i discepoli (2,17), gli dà la sua adesione, per i segni che realizza. Eppure, Gesù non stabilisce nessun contatto con questo gruppo, perché, conoscendo bene le aspirazioni popolari, sa che le aspettative su di lui sono contrarie al suo proposito. La sua conoscenza non procedeva da informazioni, ma dalla sua penetrazione nelle aspettative e tendenze dell´uomo.

Quella adesione è sbagliata: accettano un Messia potente, che sfida il potere; non possono immaginare che il potere di Gesù sia un amore fino alla morte. Hanno interpretato il suo gesto come uno scontro con i dirigenti, come nemici.

Gesù non accetta il ruolo, che gli attribuiscono, né si lascia strumentalizzare. Non considera validi i motivi per i quali credono in lui. Seguirlo non significa aderire a un trionfatore umano, ma accettare colui che sta per dare la vita per salvare l´uomo ed essere disposti a unirsi a Lui fino all´offerta della propria vita.

Questo è il paradosso della fede e della nuova alleanza: nella povertà di un Cristo appeso alla croce e di un pane condiviso con amore, c´è l´essenza della nuova relazione dell´uomo con Dio.

 

Alcune domande

– Sono capace di fidarmi di Dio completamente in un atto di fede o chiedo sempre dei segni?

– Mi accontento di un culto esterno o cerco di offrire a Dio il culto della mia obbedienza nella quotidianità della vita?

– Chi è Gesù per me? Sono cosciente che solo in Lui e per mezzo di lui è possibile  incontrare Dio?

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