Commemorazione per lo scoprimento della lapide

Il trasferimento dei resti di P. Prisco Pecoraro, a 40 anni dalla morte, dal cimitero di Nocera…

Il trasferimento dei resti di P. Prisco Pecoraro, a 40 anni dalla morte, dal cimitero di Nocera Inferiore in Santa Maria degli Angeli, culla della sua vocazione francescana e residenza di gran parte della sua esistenza, è un doveroso gesto di riconoscenza verso un frate, esemplare per la santità di vita e per l’impegno apostolico.

La sua memoria, oggi, vive solo presso una limitata parte della comunità cristiana e civile del nocerino. Gran parte degli stessi frequentatori del campo sportivo, del mercato settimanale e della stessa nostra chiesa ignora la  personalità a cui il Comune di Nocera Inferiore  ha dedicato la via che da viale San Francesco conduce alla caserma Libroia e alla nostra chiesa: Via P. Prisco Pecoraro (delibera comunale: 1995; affissione delle targhe: settembre del 2000).

P. Prisco Pecoraro nacque alle ore 03.30 del 4 novembre 1878 da Nicola, falegname, e Maria Grazia Siano, cucitrice, a Nocera Inferiore in via Sperandei e fu battezzato in S. Maria del Presepe il 4 novembre 1878 da Don Ferdinando Rossi, madrina l’ostetrica Luigia Galano. 

Entrato nella Provincia di Principato Santa Maria degli Angeli, il P. Bernardino Rossano da Vico gli diede il saio francescano il 19 novembre 1893 nel ritiro di Vico Equense, ove il 21 novembre 1894 professò temporaneamente nelle mani di P. Giuseppe da Montoro, a ciò delegato dal Ministro Provinciale, P. Luigi Jacovino da Resina; emise la professione solenne, a Santa Maria degli Angeli, il 4 ottobre 1898 nelle mani del Vicario Provinciale P. Raffaele De Pietro da Paterno e fu ordinato sacerdote, in forma privata nell’Oratorio del Seminario diocesano, a Nocera il 5 maggio 1901 da Mons. Luigi Del Forno.

Benché giovanissimo i Superiori quasi subito gli affidarono uffici di responsabilità: Presidente e poi Guardiano a Baronissi (1905), a Santa Maria la Nova in Napoli (1908), a Nocera (1912 e 1916); Definitore provinciale (1912), Segretario provinciale (1922-25), Ministro provinciale (1925-28, 1928-31, 1934-37), Custode provinciale (1940) in carica al momento della fusione delle Province nel 1942. 

Le sue qualità morali e di prudenza varcarono i  confini della Provincia. L’Ordine lo chiamò a Roma, al Convento Sant’Antonio in Via Merulana, allora sede della curia generalizia e del Collegio Internazionale, come Vice Presidente del convento e Maestro degli studenti; lo nominò Visitatore generale per le Province di S. Giovan Giuseppe in Napoli (1930), di san Pasquale in Lecce e di san Leonardo in Genova (1933) e di san Bonaventura in Toscana (1934). La Chiesa lo nominò Visitatore Apostolico e Assistente religioso di diversi istituti di Suore tra cui  quelle dei Sacri Cuori di Castellammare di Stabia, le Gerardine di Sant’Antonio Abate, le Immacolatine di Massalubrense.

La sua vita di frate ha vissuto eventi interni all’Ordine molto importanti. Leone XIII con la bolla Felicitate quadam, 4 ottobre 1897, unificò l’Ordine dei Frati Minori allora diviso in quattro famiglie (Osservanti, Riformati, Recoletti, Alcantarini) con un unico Ministro Generale.

 Nell’esecuzione della bolla, in Italia,  furono ridisegnate le circoscrizioni delle Province che da 50 si ridussero a 20. Ancora più drastica risultò la riduzione in Campania. Il decreto del  Ministro generale, P. Luigi Lauer da Fulda, del 10 luglio 1899, da sei le ridusse a due: la Provincia  di Terra di Lavoro di San Giovan Giuseppe della Croce e quella di Principato di San Giacomo della Marca.

 Pio X, con il decreto Sanctissimus Dominus del 28 aprile 1911, ripristinò la situazione prima dell’unificazione e in Campania si ritornò a cinque Province, divenute sei l’anno successivo quando gli Osservanti furono divisi nella Province Osservanti di San Giacomo della Marca in Napoli e Santa Maria degli Angeli di Principato, a Nocera. 

 Dopo 30 anni, il motu proprio di Pio XII Pro peculiari studio del 14 luglio1942, diede un nuovo assetto alla Campania francescana istituendo le tre attuali Province: Sacratissimo Cuore di Gesù, per le province civili di Napoli e Caserta, Salernitano-lucana dell’Immacolata Concezione, per Salerno e Lucania, e Santa Maria delle Grazie, per Benevento-Avellino.

La vita di P. Prisco è stata attraversata da tutti questi eventi burrascosi per la vita interna delle Province francescane, nelle quali sugli interventi pontifici  non mancarono sante resistenze e lunghe polemiche di frati, zelanti e autorevoli per molto aspetti ma incapaci di spaziare oltre l’orizzonte delle tradizioni e del proprio orticello pur coltivato con tanta benemerita abnegazione (basti pensare ai loro enormi sacrifici quando, cacciati dai conventi con le leggi eversive del 1866, gradualmente li ricomprarono partecipando alle gare di vendita dei beni passati al demanio).

Eventi interni sì, ma non meno disastrosi delle due guerre mondiali. P. Prisco, lontano dalle polemiche e dai pettegolezzi viveva la sua consacrazione con serietà e impegno e non ne fu turbato più di tanto. Era l’uomo di Dio, prudente e seriamente impegnato a vivere con coerenza la sua consacrazione, non poteva perciò non essere visto come l’uomo adatto per quelle tempestose stagioni: non ancora trentenne Guardiano a Baronissi (1905) e a Napoli (1908), luoghi estranei alla tradizione della sua Provincia di origine, a 32 anni definitore provinciale dopo il decreto di fusione di Pio X nel 1911 e, infine,  a 67 anni nel 1945, Consigliere nel governo affidato al Commissario provinciale, il veneto P. Mansueto Frison.

Un’amarezza il P. Prisco la dovette subire quando il Ministro Generale fr. Pacifico Perantoni  gli scriveva, in data 25.01.1948:

 “è con senso di vero dispiacere che ho appreso che la P. V. M.R. ha preso parte ad una campagna ben poco edificante contro l’ex Commissario Provinciale della sua provincia Salernitano-lucana, P. Mansueto Frison … con evidente e grave danno dell’unione e della pacificazione degli animi”.

Nella risposta (dattiloscritto senza data né firma) al Ministro generale, P. Prisco dichiarava:

 “…lei è dispiaciuto del motivo per il quale mi rimprovera. Lo credo. Ma creda pure che più  dispiaciuto sono io, mortificato del rimprovero che so di non aver meritato.

Lei ha fatto bene a rimproverarmi. Ed io ne la ringrazio e ne farò tesoro… La mia colpa è stata che a Lei, credendo di seccarla, non ho detto mai niente. E invece altri Le si è messo all’ orecchio come pulce presentandoLe le cose a modo suo. In merito io dovrei invocare una inchiesta rigorosa e serena. Sarei sicuro che risulterebbe solare la mia rettitudine e prudenza …

Il male è che da tempo in qua, si usa nel governo dell’Ordine di dare tutta la fiducia ai Superiori in atto considerandoli infallibili e impeccabili e negando ogni fiducia a quelli che pure furono in passato egualmente a capo della Provincia. I nostri vecchi,  invece,  non facevano così. Burocraticamente è giusto e prudente ascoltare chi governa in atto, ma moralmente è pur giusto e consigliabile e prudente tenere in qualche conto chi pure fu Provinciale e fece onore al suo nome e al suo ufficio.

Nondimeno non ho preso parte ad alcuna campagna contro alcuno. Non ho fatto capannelli né conversazioni segrete. Tutti sanno che in camera mia non si fanno conversazioni private. Neppure dopo pranzo e dopo cena ammetto alcuno in cella a chiacchierare. Ho impiegato ben altrimenti il mio tempo.

In questo biennio io sono stato trattato villanamente da P. Frison. E ci è voluta tutta la mia educazione, civile e religiosa, per sopportarlo. Piuttosto io ho avuto il merito di avere scongiurata, mediante il mio atteggiamento personale e la mia influenza sugli altri, una rottura esplicita e scandalosa con quelli dell’ex Materdomini.

… è doloroso, Rev.mo Padre, di essere trattato così a 70 anni di età. Dopo aver servito per 55 anni con costante dedizione, rettitudine e onore, e Lei lo sa, la provincia e l’Ordine! Ora, alla vecchiaia, io mi sarei smentito perdendo la testa! Mi conforta il pensiero che giustizia mi sarà fatta, prima dal nuovo Commissario Provinciale e poi, soprattutto da Colui che tutto sa e che non sbaglia perché non può sbagliare”.

Una sofferta risposta amara ma serena e franca nella quale si rileva il carattere di P. Prisco e lo spessore della vita di uomo austero, pacifico e impegnato. E’ lo stesso P. Prisco a svelarci il suo carattere, a 47 anni, quando fu eletto per la prima volta Ministro Provinciale:

“… In Provincia, lo so,  passo per uomo rigido, e Superiore rigoroso ed austero. Questa qualifica, forse esagerata e gratuita, potrebbe sembrare un’antitesi della superiore mia esibizione di servitù e di benevola condiscendenza verso di voi, miei diletti figli; ed è perciò che credo darvi una chiara spiegazione, affinché svaniscano ombre ed equivoci.

Se per Superiore rigoroso vuolsi intender uomo burbero, autocrate, intemperante; senza cuore e senza prudenza; vi dico subito che non lo sono, non lo fui e non lo sarò giammai. Statene tranquilli, che di ciò ne avrete prove luminose ed indubbie. Ma se per Superiore rigoroso s’intendesse custode vigile della monastica disciplina, pastore zelante del bene delle anime affidate alle sue cure, reazione implacabile ad ogni tentativo di disordine e d’ indisciplinatezza, … chi mi ha definito tale ha il merito di avermi ben definito”.

                                                                 (Lettera circolare 1925, p. 5).

Nell’annuncio (lettera, 01.10.1966) della sua morte alla Provincia, il Ministro provinciale, P. Egidio Caggiano, così scriveva:

“… quanti di noi gli sono stati vicino o hanno trattato con lui sia pure per breve tempo han potuto costatare di persona qual tempra di religioso e di sacerdote egli fosse. Semplicità, purezza di cuore, austerità di vita, rigida osservanza regolare, fervida  pietà, fraterna carità, zelo apostolico, grande amore dell’abito, della Provincia e dell’Ordine sono state le sue caratteristiche.

Tutti lo abbiamo avuto padre e maestro di virtù, non foss’altro, attraverso il suo buon esempio  che tanto ci edificava…”.

  A complemento di questa agile memoria di P. Prisco Pecoraro non si possono dimenticare i due amori che lo hanno visto sempre impegnato: la promozione del Terz’Ordine francescano e della causa di beatificazione della terziaria francescana Serva di Dio, Filomena Giovannina Genovese (29.10.1835/12.12.1864).

Convinto della valida esperienza, operando attivamente tra i Terziari, P. Prisco così si esprimeva nella prima circolare da Ministro provinciale:

“Trascurerei buona parte del mio ministero, e rinnegherei tutto il mio passato, se, a suggello di questa mia, non indirizzassi una fervida parola anche a voi tutti figli del Terz’Ordine nelle Congregazioni dipendenti dalla nostra Provincia.

Voi non potete ignorare con quanta attività e passione mi sono occupato, in questi anni precedenti, della diffusione della terza milizia francescana.

La mia propaganda insistente, assidua, incalzante e qualche volta ritenuta noiosa e pedante, col divino aiuto, condusse a risultati consolanti e insperati, fino al punto di aver visto rifiorire questa santa istituzione persino in zone ritenute refrattarie e aride  (Lettera circolare 1925, p. 12).

Appena ordinato sacerdote iniziò a interessarsi al laicato francescano: da Guardiano era stato zelante animatore del Terz’Ordine a Baronissi (1905), a Napoli-S. Maria la Nova (1908), a Nocera (1912) ove, a parte la parentesi del servizio militare (1915-18), curò le Fraternità di Nocera-S. Maria degli Angeli, Pagani-S. Maria delle Grazie, Angri-S. Maria del Carmine la cui sezione maschile aveva come sodali una ventina di sacerdoti diocesani e recuperò all’obbedienza dei Minori la Fraternità di Monteoliveto. 

Nel 1915 presso l’Ospedale Psichiatrico di Nocera fondò, tra le infermiere, una Fraternità che fu una vera scuola di spiritualità francescana: la terziaria Consiglia Allerta morì, nel 1939, in odore di santità.

Tornato dal servizio militare, P, Prisco è a Nocera Commissario provinciale del T.O.F. e, negli anni 1920-21, promosse l’istituzione in Italia di un Commissariato Nazionale del T.O.F.. I colleghi delle altre Province d’Italia aderirono all’iniziativa ma la Curia generalizia la frenò. 

Nel 1931, chiamato al Collegio Internazionale Sant’Antonio in Roma come Vice Presidente del convento e Maestro degli studenti, in occasione del centenario della morte di Sant’Elisabetta, ritornò alla carica presso il Ministro generale P. Bonaventura Marrani e il Commissariato Nazionale T.O.F. fu istituito ufficialmente il 31 agosto 1932; nel 1933, dopo un convegno dei Commissari provinciali alla Verna, il P. Benigno Migliorini (poi Arcivescovo di Lanciano), indicato dallo stesso P. Prisco, fu nominato  1° Commissario Nazionale T.O.F. e P. Prisco ne fu il Vice.

Eccettuato i tempi degli uffici istituzionali affidatigli dalla Provincia, dall’Ordine e dalla Santa Sede, P. Prisco ha quasi sempre lavorato come Commissario provinciale del T.O.F. e come Procuratore delle Missioni (potenziando i laboratori missionari: memorabile fu l’esposizione missionaria a Santa Maria degli Angeli in Nocera, nel giugno 1947, con l’intervento del Procuratore generale delle Missioni dell’Ordine, il P. Cipriano Silvestri, ex missionario in Cina).

Per qualche tempo fu padre spirituale presso il Seminario Regionale Pio X di Salerno: ai seminaristi partecipò la sua spiritualità francescana e ne ammise molti al Terz’Ordine consegnando loro cordone e scapolare.

  Ma dove veramente il P. Prisco ha dato tutto se stesso, come Vice Postulatore, fu nella causa di beatificazione della Serva di Dio Filomena Giovannina Genovese. 

Nel commiato dal T.O.F., nel 1954, scriveva “… fo voti perché questa nostra Terza Famiglia possa sempre più prosperare spiritualmente, moralmente e numericamente, come luce del mondo e sale della terra, onde rendere molti apostoli alla società e molti santi al cielo”.

Continuò, però, a essere l’Assistente della Fraternità T.O.F. delle infermiere allo Psichiatrico di Nocera e a lavorare per la causa di beatificazione della Serva di Dio Filomena Giovannina Genovese fino al 1961.

L’art. 61 delle Costituzioni generali dei Frati Minori, redatte nel capitolo generale del 1985, presenta l’Ordine Francescano Secolare come l’istituto che “porta nel mondo lo spirito di san Francesco e partecipa della vita, della testimonianza e della missione del carisma francescano, alla pienezza del quale dà un suo specifico apporto necessario e complementare”.

Di questo P. Prisco Pecoraro era pienamente convinto e spese tutta la sua vita per la promozione del laicato francescano. Una vita totalmente donata al bene delle anime alle quali trasmise fede e amore più che con le parole attraverso la sua figura di Frate Minore appassionato di Dio e di Francesco d’Assisi. In un libricino pubblicato, quando era Guardiano di S. Maria la Nova in Napoli, avvertiva il lettore: 

“Due fini mi sono prefisso in questa compilazione: fornire alle anime fedeli un mezzo facile di ricchezza spirituale e spingerle ad accorrere con la massima frequenza alle chiese del mio triplice Ordine … se riuscirò a raggiungere il duplice fine propostomi, ne darò gloria a Dio. Altrimenti, tengo pregati i lettori di un ampio compatimento al mio buon volere” (Prontuario delle indulgenze principali e più facili da lucrare nelle chiese francescane, Napoli, Tipografia Pontificia Artigianelli, 1909).

Al tempo, P. Prisco ha 31 anni e già il suo cuore vibra di quella fede convinta che lo proiettava a cercare il bene delle anime. Solo chi vive in profonda comunione con Dio può esprimersi in quel modo. E questo lo ha vissuto fino alla fine. 

Già ammalato, e quasi cecuziente, recitava il S. Rosario da solo ma voleva che il chierico che lo assisteva, ogni giorno, gli leggesse il breviario e lui si associava alla voce dello studente con  profonda commozione. Da vero frate minore, riviveva lo stesso desiderio del Serafico Padre

 ”E sebbene sia semplice e infermo, tuttavia voglio sempre un chierico, che mi reciti l’ufficio, così come è prescritto dalla Regola” (Testamento 29).

Il P. Provinciale, P. Egidio Caggiano, nella citata comunicazione della sua morte, scriveva:

“La sua è stata la morte dei santi. L’aveva prevista la vigilia della festa di san Francesco; si è verificata con due giorni di anticipo. Meno di tre ore prima, dalle mie mani e presente la Comunità di Nocera, aveva ricevuto il sacramento dell’olio degli Infermi e ne aveva seguito le preci con limpida mente. Aveva quindi ricevuto il bacio di ciascuno di noi. Infine con gli occhi raggianti di gioia e agitando le mani ci salutò come chi si separa dalle persone care nell’atto di intraprendere un lungo viaggio senza ritorno. Siamo tutti convinti che abbia raggiunta già la meta, il Paradiso”.

                                                                       Fr. Giacinto D’Angelo

                                                                               Guardiano

Pubblicato su Frate Focu, n. 2 2007

                  Il 17 gennaio, in forma privata, i resti mortali di P. Prisco Pecoraro (1878-1966) sono stati trasferiti dal cimitero di Nocera Inferiore in Santa Maria degli Angeli; momentaneamente sistemati nell’altare del coro conventuale, l’8 marzo sono stati collocati in chiesa di fronte alla tomba della Serva di Dio Filomena Giovannina Genovese. 

Il rito solenne della commemorazione, invece, è stato celebrato il 12 marzo. Una data non casuale. Il 12 di ogni mese, infatti, la Fraternità OFS di Nocera ricorda la morte della consorella Serva di Dio Filomena Giovannina Genovese.

Perciò, ripristinata la tradizione dell’offerta dell’olio per la tomba della Serva di Dio da parte dei Terziari della Regione Salernitano-lucana si è voluto solennizzare il 12 marzo 2007 abbinando commemorazione di P. Prisco Pecoraro e pellegrinaggio delle Fraternità OFS della Valle dell’Irno (Salerno, Baronissi, Mercato S. Severino, Bracigliano, Montoro Superiore, Serino).

P. Prisco fu un frate di santa vita e di dinamico fervore apostolico. A quaranta anni dalla morte, avvenuta il 1° ottobre 1966, si è voluto riportarlo nella sede di Santa Maria degli Angeli, volgarmente ancora oggi meglio identificata come san Francesco al Campo, ove egli ha trascorso gran parte della sua vita. 

P. Prisco Pecoraro nacque a Nocera Inferiore il 4 novembre 1878, vestì il saio francescano il 19 novembre 1893 e fu ordinato sacerdote il 5 maggio 1901. Nella Provincia religiosa di Principato Santa Maria degli in Angeli, con sede nel convento Santa Maria degli Angeli in Nocera Superiore, fu Ministro provinciale dal 1925 al 1931 e dal 1934 al 1937.

A livello dell’Ordine e della Chiesa, è stato Vice Commissario nazionale del Terz’Ordine Francescano, Maestro degli studenti all’Antonianum in Roma, Visitatore generale di Province francescane (Lecce, Genova e Torino), Visitatore Apostolico e Assistente religioso di diversi istituti di Suore (Missionarie di Egitto, Gerardine, dei Sacri Cuori, Immacolatine).

Anche nella Provincia Salernitano-lucana dell’Immacolata Concezione dei Frati Minori, istituita nel 1942,  ha ricoperto vari incarichi e, soprattutto, è stato per anni l’animatore della causa di beatificazione della terziaria francescana Serva di Dio, Filomena Giovannina Genovese (29.10.1835-12.12.1864).

 Una personalità, quella di P. Prisco, d’indubbio spessore spirituale che, in tempi travagliati come gli anni tra prima e seconda guerra mondiale, fu per i frati e per molte comunità dell’agro sarnese-nocerino un riferimento per la guida spirituale e un faro di luce per la sua granitica fede. Una figura che non passò inosservata neanche per la comunità civile tanto che il suo nome è entrato nella toponomastica di Nocera Inferiore, con delibera comunale del 1995 e affissione delle targhe nel settembre 2000: la Via P. Prisco Pecoraro da viale San Francesco conduce alla caserma Libroia e alla chiesa Santa Maria degli Angeli.

Indubbiamente P. Prisco fu un uomo eminente che meritava di essere riproposto oggi come modello di consacrazione e di impegno apostolico. In tempi di disorientamento spirituale e morale, con riflessi anche nella vita di speciale consacrazione, P. Prisco rappresenta un passato che insegna ai religiosi di oggi a non limitarsi ad alzare la voce per rendersi visibili nella Chiesa di oggi ma a preoccuparsi semplicemente di ri-alzare il livello qualitativo della loro vita per una testimonianza credibile.

Il rito della commemorazione si è svolta durante una solenne concelebrazione presieduta da Mons. Gioacchino Illiano, Vescovo di Nocera-Sarno, attorniato da numerosi concelebranti tra cui  il M.R.P. Manlio Di Franco, Ministro provinciale, P. Giacinto D’Angelo, Guardiano di Santa Maria degli Angeli. 

La chiesa era gremita. Alle Fraternità OFS della Valle dell’Irno si sono aggiunti i Terziari di altre Fraternità, soprattutto di Nocera e dintorni.  

Mons. Gioacchino Illiano, nel suo breve intervento, ha testimoniato sui suoi ricordi giovanili di P. Prisco quando, seminarista, lo ebbe Padre spirituale al Seminario Regionale Pio X di Salerno. A tutti partecipava la spiritualità di san Francesco e consegnava lo scapolare francescano.

Alla processione offertoriale i doni sono stati portati dalle Terziarie più anziane, che da Padre Prisco erano state accolte e formate nella Fraternità di Nocera, e dalle Ministre delle Fraternità in pellegrinaggio sulla tomba della Serva di Dio.

Terminata la s. Messa, prima dello scoprimento della lapide, il P. Giacinto D’Angelo ha commemorato il P. Prisco Pecoraro delineando la sua figura di frate minore, austero e rigoroso, e ha ripercorso le tappe del suo lungo servizio ministeriale alla Provincia religiosa, all’Ordine e alla Chiesa. 

In particolare, ha sottolineato il suo ardore apostolico e francescano in due uffici esercitati per molti anni: la vice postulazione per la causa della Serva di Dio Filomena Giovannina Genovese e l’assistenza al Terz’Ordine Francescano che promosse sia a livello provinciale e sia in Italia come pioniere dell’istituzione, nel 1932, del Commissariato Nazionale per il Terz’Ordine, di cui fu Vice Assistente Nazionale con il P. Benigno Migliorini (poi Arcivescovo di Lanciano).

La Ministra nazionale dell’OFS Minori, Signora Argia Passoni, venuta da Roma per la circostanza insieme a uno degli Assistenti, P. Lorenzo Di Giuseppe, ha reso omaggio al P. Prisco sottolineando la sua profetica intuizione di promotore del laicato per una testimonianza dello spirito francescano nelle strutture sociali, una presenza di lievito evangelico quanto mai preziosa, ancora oggi.

Mons. Gioacchino Illiano ha scoperto benedicendo la lapide che ricordando il P. Prisco Pecoraro, frate minore e sacerdote, appassionato di Dio, lo propone quale modello di ardore serafico e di pietà per il Cristo povero e crocifisso.

Tra la commozione generale, per aver partecipato ad uno storico evento di grazia per la famiglia francescana, l’assemblea si è sciolta al canto del Salve Sancte Pater

Fr. Giacinto D’Angelo

PADRE PRISCO PECORARO

NELLE MIE CARE REMINISCENZE FRANCESCANE

La notizia della cerimonia del 12 marzo 2007 per la traslazione dei resti mortali di P. Prisco Pecoraro in S. Maria degli Angeli di Nocera Superiore, nella cappella ove sono già conservati quelli della Serva di Dio, nocerina e terziaria francescana Filomena Giovannina Genovese, ha ridestato in me tanti cari ricordi del mio incontro con i frati minori.

La nuova collocazione delle spoglie di Padre Prisco è stato un giusto riconoscimento delle sue eccelse virtù ed anche del grande impegno profuso in tutta la sua vita per il riconoscimento della santità di Filomena Giovannina Genovese. 

Il mio primo incontro con i frati è avvenuto molto presto; sin dal lontano 1930, allorquando ad appena quattro anni mia madre Antonietta e Carolina, la mia prima sorella, (entrambe terziarie francescane) dalla mia dimora di via Solimena in Nocera Inferiore mi conducevano al convento di S. Maria degli Angeli.

La frequenza di tali mie visite derivava dall’intenso desiderio di mia madre (da lei a me più volte espresso) di vedermi frate francescano, speranza cui io non ho mai aderito perché, evidentemente, il Signore mi aveva destinato a servirlo in modo diverso e altrove.

In famiglia di Padre Prisco Pecoraro si parlava spesso, perché il 21 dicembre 1930 era stato lui a officiare il rito della vestizione e ad imporre l’abito del Terz’Ordine a mia madre e a mia sorella.

Padre Prisco era molto noto non solo nell’ambito ecclesiastico ma anche in quello nocerino poiché per le sue grandi qualità umane, culturali e religiose aveva ricoperto tutti i gradi della gerarchia francescana fino a diventare Padre Provinciale dell’Ordine.

Egli era molto amico di mio padre. Tale sentimento si era ancor più sviluppato negli anni in cui era stato Padre Guardiano di S. Maria degli Angeli, perché nella sua qualità di Comandante dei Vigili Urbani di Nocera il mio genitore aiutava frequentemente i frati a reperire gratuitamente generi alimentari per il mantenimento della vespertina distribuzione del pasto ai numerosi poveri che accorrevano ogni giorno al convento.

Il mio incontro personale con Padre Prisco è avvenuto nei locali della mostra, quando egli col suo bonario sorriso accarezzava noi fanciulli, intenti all’apprendimento catechistico. Ricordo il suo angelico viso affinato, i penetranti suoi occhi azzurri, la dolcezza della sua parola e la bontà del carattere. Avevo avuto la fortuna di avere come catechista la signora Alessandrina Mottola, donna santa e madre di altrettanti santi figli. Padre Prisco fu presente anche alla cerimonia del 29 maggio 1932, allorquando ad appena sei anni e due giorni, con indicibile emozione, feci la mia prima comunione. Lo ricordo anche nello spiazzo antistante la Chiesa quando di fianco al platano, ancora oggi esistente, facemmo la foto ricordo in quella luminosa e meravigliosa giornata di primavera.

Da quel momento i miei legami con i padri francescani furono numerosi e intensi, a cominciare con P. Dionisio Margherita, il Padre Guardiano, P. Bernardino Vitolo, mio apprezzato ed amato docente di Religione al Liceo, P. Cherubino Casertano, dalla voce angelica nelle indimenticabili Via Crucis, P. Enrico Buondonno, valente ed insostituibile maestro dell’imponente organo a cassa espressiva, P. Gerardo Cardaropoli e P. Antonio Forte, miei assistenti nei laureati cattolici, nonché l’indimenticabile amico P. Ciro Stasi, assistente dei professori cattolici, ed anche P. Raimondo Oliva, mio caro amico d’infanzia, insieme a tanti altri santi frati, che sarebbe troppo lungo elencarli tutti.

Tornando alla virtuosità di Padre Prisco, ricordo che per la sua saggezza e per il suo equilibrio morale erano in molti quelli che ricorrevano a lui per ricevere consigli oppure per essere confessati, specialmente quando si trovavano in difficoltà. 

In merito a ciò rammento il caso di frate Rosario, un chierico che nel 1937 era in crisi vocazionale e premeva sulla sua famiglia per tornare allo stato laicale.  Egli apparteneva a una famiglia nostra amica in quanto un suo fratello era stato cresimato da mio padre. 

La madre, una buona e santa vedova insisteva a convincerlo a rimanere e il frate per non dispiacerla non si attivava con i Superiori per tornare alla vita civile. Occorre notare che Frate Rosario era già diacono ed era prossimo al sacerdozio. Per tale motivo mio padre ricorse a Padre Prisco, il quale interrogò prima il frate e quando capì che la crisi era irreversibile s’incontrò con la sua genitrice e riuscì a convincerla ad accettare la volontà del proprio figlio.

Anche se gli anni trascorsi sono stati molti, credo di potermi considerare un testimone della santità di Padre Prisco Pecoraro sia in quelle poche volte in cui ho avuto il privilegio di essere stato suo penitente sia per avere ascoltato in diverse occasioni sue prediche, piene di dottrina, di fede, di religiosità e di umanità, che penetravano nel cuore dei fedeli sempre tanto numerosi in Santa Maria degli Angeli.

Roberto Battipaglia

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Sono una terziaria francescana di Santa Maria degli Angeli e ho ricevuto lo scapolare da P. Prisco Pecoraro sin da giovanissima.

Frequentavo la stessa chiesa e, da Pasqua fino al mercoledì in albis, vi si celebravano in modo solenne le Quarantore. Allora il convento era sede della curia provincializia e del chiericato, perciò la mia meraviglia fu grande nel vedere sull’altare tanti frati. La mia curiosità fu di contarli: oltre 45, tra sacerdoti e studenti!

A quei tempi era proibito guardare ai frati. La notizia, non so come, arrivò a P. Prisco sicché, il giorno dopo, prima di entrare in chiesa fui avvicinata da un frate, P. Salvatore Fierro, che m’invitò a non guardare ai frati sull’altare e ad essere meno chiacchierona.

Nel 1954, anno mariano, partecipai alla gara catechistica regionale e con un buon risultato, grazie a P. Mariano Amorosi, tanto che fui ammessa a partecipare a quella nazionale ad Assisi. I miei genitori facevano resistenza perché non volevano che viaggiassi da sola. Intervenne P. Prisco e, con l’abituale sorrisetto sulle labbra, tranquillizzò mio padre perché egli stesso mi avrebbe accompagnato per un tratto del viaggio e poi mi avrebbe affidata a una persona di fiducia, Amelia Canfora di Castellammare, fino ad Assisi. 

La  gara andò bene per tutte noi e per premio ci condussero alla Verna. Avevo 23 anni.

                                                                             Antonietta Rocco 

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Noi nipoti, di Padre Prisco, ricordiamo il grande affetto che nutriva per la famigliari origine. Sempre vicino, specialmente nei tanti momenti difficili della nostra vita, con la sua presenza rassicurante e le parole dalle quali traspariva una grande fede nel Signore; ci esortava ad avere incrollabile speranza nella Provvidenza divina che non dimentica nessuno. E così è sempre stato: dopo le tempeste è tornato sempre il sereno.

Era rigido osservane della regola francescana della quale mostrava di prediligere la parte riguardante “Madonna povertà”.

A questo proposito la nipote Matilde ricorda che, in una delle frequenti visite che era solito farle, lui, già molto anziano e sofferente, le raccontò, sorridendo, che, essendo giunto vicino all’ascensore del palazzo e, non possedendo, come al solito, nemmeno una monetina da mettere nella gettoniera, invece di chiamarla e farla scendere e permettergli di salire con lei, sapendo che ella aveva i due figlioletti con la febbre alta, aspettò pazientemente di accompagnarsi a qualche altro fruitore dell’ascensore.

Negli inviti a pranzo che gli faceva il fratello, e che lui raramente accettava, dimostrava grande moderazione nel mangiare, rifiutando sistematicamente il dolce, poiché lo riteneva superfluo.

La nipote Carmela, coniugata e residente a Roma negli anni tristissimi della seconda guerra mondiale, quando si era in piena crisi alimentare, ricordava che, in una delle visite che lo zio le faceva (in quel tempo P. Prisco era a Roma insieme ad altri quattro confratelli con i quali condivideva un alloggio in via della Congregazione) avendo ella preparata una crostata di mele, gliene offrì una fetta. Ma lui prontamente disse che l’avrebbe accettata solo se gli avesse dato altre quattro fette, una per ciascuno dei confratelli. E così fu.

A chi gli faceva visita negli ultimi dolorosissimi tempi della sua vita era solito ripetere di essere contento di soffrire, perché così era sicuro di meritare il Paradiso.

                                              Gemma  Pecoraro

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